sabato 7 novembre 2015

L'importanza di un sorriso

Sono una persona molto solare.
O almeno questo è quello che mi dicono. Di certo lo sono se paragonata a una persona musona e sempre seria, ma probabilmente anche se paragonata alla media delle persone. Diciamo che sono abbastanza un raggetto di sole.
Questo perché prima di tutto è una questione di carattere: mia nonna racconta spesso di come, da bambina molto piccola, nonostante sapessi che per colazione mi aspettasse minestra di patate e carote (è stato così per molto tempo a causa di una mia brutta reazione al vaccino antipolio) la prima cosa che facevo era sorriderle. E rimanevo gioiosa per l'intera giornata.
Quindi ok, gran parte della mia solarità è proprio un fatto caratteriale, ma sono comunque fermamente convinta che dovremmo sorridere ogni giorno e quindi quando mi viene da sorridere e da ridere non mi trattengo (quasi) mai dal farlo. Non ricordo chi disse che un giorno senza ridere è un giorno sprecato, ma aveva pienamente ragione. Fanculo alle rughe di espressione, io le ho proprio nei punti in cui il viso si piega per sorridere e ne vado fiera.
Molti di questi tempi sono depressi e schiacciati dal peso della crisi, e capisco che per tanti sia una vera tragedia perché magari si ritrovano sotto un ponte o, poco meno, a dover decidere se in fondo al mese pagare l'affitto o le bollette. Parlando però della fetta di italiani che si lamentano per lamentarsi, o comunque che non riversano nelle condizioni sopra citate, forse dovrebbero farsi una domanda: a che mi serve lamentarmi? A niente, anzi ad essere esatti serve solo ed esclusivamente ad attirare altre negatività (oltre a rompere le balle a chi ascolta e a trascinarlo nel vortice di pessimismo da cui escono le lamentele).
Come tutti in adolescenza ho passato un periodo difficile e per me forse il peggiore, gli anni della scuola non li ricordo per niente volentieri ed è stato forse l'unico periodo della mia vita in cui vedevo tutto nero. Non mi lamentavo, però, mi tenevo tutto dentro. Ho sempre pensato che, al di là dell'amica che si offre di accettare i tuoi sfoghi momentanei perché magari la prossima volta farai lo stesso con lei, agli altri non interessi affatto delle mie paturnie e della mia momentanea depressione e scontentezza nei confronti della vita, e che anzi, molto spesso, queste lamentele rendano gli altri felici della mia infelicità.
Ultimamente ho ridotto il problema alla radice: sono felice. O meglio, ho scelto di essere infelice il meno possibile e di concentrarmi sulle cose positive che ogni giorno la vita mi regala. Questo mi ha dato la possibilità di compiere scelte impegnative e dolorose senza farmi male più di tanto.
Ma torniamo al sorriso e al riso. Viene da sé che se una persona emana gioia non si trattenga dal ridere quando deve, non neghi un sorriso al primo che incontra appena esce di casa, affronti la vita a cuore aperto e con leggerezza. La leggerezza che intendo io è la leggerezza taoista, non la leggerezza nella sua accezione non proprio positiva come sinonimo di frivolezza. La leggerezza di spirito è quella che ci porta ad affrontare i problemi e anche le disgrazie della vita nella maniera corretta. Certo non è semplice da raggiungere, e anche per me che caratterialmente sono abbastanza "leggera" e solare, a volte è difficile non disperarmi o non perdermi in lamentele inutili. Ci provo lo stesso, però, a contrastare la tentazione di essere negativa. E ci provo proprio con un sorriso.


(Castiglione della Pescaia, estate 2005, pic by my friend Matteo R.)

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