mercoledì 28 dicembre 2011

pomeriggio al Glicine

Salve.
Oggi sono alla reception della Locanda del Glicine di Campagnatico, chiamata a sostituire chi di solito sta qui.
E' arrivata una coppia di tedeschi che mi ha chiesto se avevamo uno spazzolino da denti. No, tesoro, mi spiace, ma se fai due passi in giù ci sono, in ordine, una farmacia e un supermercato (minimercato, dovrei dire, camera mia è più grande).
Comunque, a parte questo, il nostro chef mi ha portato un favoloso sorbetto al prosecco. Visto che il prosecco non lo posso bere l'ho accettato di buon grado, anche perché penso che ce ne sia una quantità irrisoria. Era davvero ottimo.
Finito qui, cioè tra poco, torno in cantina. Stamani ho girato per tutta Grosseto per comprare la roba per capodanno, mi è toccato andare pure dai cinesi (fantastico negozio, ipermegamercato dove hanno di tutto di più, con tanto di casse tipo supermercato eccetera) perché non potevo spendere troppo. La mia Panda era così piena che facevo fatica a fare le curve in salita per entrare in paese al ritorno. Al mi rincasare mi aspetteranno tanti batuffoli di "fluff" (parola inglese intraducibile, un misto tra pelo, laniccio e piumiccio, morbido puffoloso) che dovrò rimuovere a colpi di Swiffer. E' uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare.

martedì 20 dicembre 2011

sorrisi


Steven Wilson non è uno che sorride molto, o almeno non davanti alle telecamere o alle macchine fotografiche. Qui è nel backstage di uno dei suoi concerti, ed è stato colto di sorpresa in una risata davvero solare e, dato il personaggio, inaspettata. Mi sembra quasi di sentirlo ridere.

Lavoro e Musica ♪ ♫

Voi riuscite a lavorare con la musica accesa? Io sì. Ma una mia collega no, quindi oggi, nonostante il volume fosse molto basso e la musica in questione fosse Una Mattina, l'album del pianista Ludovico Einaudi, quindi roba tranquilla, mi è stato chiesto di spegnerla. Quando tornerà il mio responsabile sarà dura, lui è come me, con la musica lavora meglio. La mia collega è stata appena trasferita in ufficio quassù da noi al piano di sopra, e tra che è nervosa, tra che deve ancora abituarsi al via vai di questo piano (di sotto era tutto molto più silenzioso e tranquillo), non tollera certe cose. Ovviamente non ho niente da obiettare, è questione di abitudine. C'è persino chi riesce a studiare, con la musica accesa. Io personalmente no. Non riesco neanche a leggere un libro, ascoltando la musica, se è per questo. Ma la mia non è una questione di "disturbo" come per lei. Io sono una musicista e una cantante, la musica è parte integrante della mia vita, il mio cervello fa fatica a concentrarsi sulla lettura di un libro per studio o svago e sulla musica contemporaneamente. Se devo scegliere, quindi, dò attenzione alla musica. Ma a lavoro la metto per non essere inghiottita dal silenzio, rotto eventualmente soltanto dallo squillo del telefono della reception che mi è stata affidata come ufficio. Per la mia collega, che non ascolta MAI e dico MAI la musica (come si possa non lo so, ma anche questa è una questione di punti di vista), proprio non la tollera. Per lei è rumore. Esattamente come il rumore di persone che parlano, di una ruspa a lavoro o delle macchine che passano per strada. Sarà dura convincere il mio boss a non mettere più musica negli uffici. Io per ora sono stata brava, l'ho messa solo qua alla reception e al ristorante, che sono fuori dagli uffici, subito dopo l'ingresso, lasciando a zero il volume nelle altre stanze proprio per non disturbarla. Evidentemente non è bastato. Mi chiedo: sono strana io? Ma qua andrei a filosofeggiare su cosa e normale e cosa no, e la parola normale non mi è mai piaciuta. Non ha senso, semplicemente. O comunque non ha un senso oggettivo perché ciò che è normale è ciò che ciascuno di noi considera essere tale.

lunedì 19 dicembre 2011

in un attimo di tregua

Un pomeriggio semi tranquillo alla cantina. Una bella tazza di English Breakfast che non è proprio un tè da pomeriggio ma oggi mi serve qualcosa di forte.
Giornata caotica solo dal punto di vista delle prenotazioni per il cenone di capodanno alla locanda, ma piano piano, tra cancellazioni che ho dovuto fare e prenotazioni inaspettate, tutte le tessere del puzzle stanno andando al loro posto.
Oggi Elena è venuta a pranzo da me. Fa bene mangiare in compagnia ogni tanto. Pazza donna, si fa ogni volta da Firenze a Campagnatico in macchina per venire a trovare il suo fidanzato.
Chissà come mai nel 90% dei casi siamo sempre noi donne a sbatterci per tirare avanti un rapporto. Siamo quasi sempre noi a renderci conto che le cose vanno male, quando vanno male, o quando comunque la strada in un modo o nell'altro inizia a riempirsi di ostacoli che prima non c'erano.
A volte mi commuovo solo a pensare a quanta forza abbiamo e a quanta poca forza ci viene riconosciuta. Facciamo un po' paura, non è vero?
Più lavoro più mi rendo conto che noi donne abbiamo un'innata capacità organizzativa, eccezioni a parte che comunque confermano la regola. Da quando sono entrata a lavorare qui in cantina ho cercato di tappare i buchi di comunicazione, quegli spazi lasciati bianchi per pigrizia o per dimenticanza che sembrano piccoli ma le cui conseguenze possono essere gravi. Ci sto riuscendo, sembra. Ma non posso mica pretendere di cambiare le cose, dopotutto sono qui da un mese e sono l'ultima ruota del carro (non da un punto di vista funzionale, ma gerarchico, perché faccio un po' di tutto ma la paga per ora è quella che è). Sono però contenta del fatto che i miei colleghi e superiori stiano apprezzando quello che sto facendo, sia per quanto riguarda le mie iniziative personali sia per l'esecuzione di direttive. Tutti sono importanti ma nessuno è necessario, si dice, ma di certo quando una persona manca ci se ne accorge un po' tutti, se questa è una che si sbatte. Così come quando arriva una persona che rappresenta un po' una ventata di freschezza, ci se ne accorge subito. Spero nel mio piccolo di poter essere una brezza piacevole, ma anche forte ove necessario.