martedì 24 novembre 2009

insonnia

Buonasera...
O forse dovrei dire buonanotte?
Sono in camera mia a Modena seduta sul letto, in camicia da notte e occhiali (la mia versione peggiore, insomma) e cerco di fare qualcosa che mi distragga dal pensare. Periodo stressante, questo: tirocinio e lezioni, esami da preparare e, dulcis in fundo, il Proficiency il 9 dicembre (lo speaking il 16). Non mollo, anche se, devo ammetterlo, barcollo parecchio, se mi perdonate la citazione. Sono arrivata al punto in cui vado avanti per inerzia, tra un acciacco e l'altro, cercando di non badare troppo alle giornate storte e alle brutte notizie. Per fare questo, mi aggrappo a quello che di buono c'è nella mia vita: la mia famiglia, i miei cd preferiti, i libri, il mio racconto a metà scrittura, gli amici, Lui... L'ho messo per ultimo ma, per quanto riguarda il fine settimana appena trascorso, dovrebbe essere il primo. Mi è stato vicino come nessun altro aveva mai fatto, mi ha fatta sentire amata e protetta. Non che la mia famiglia non lo faccia, ci mancherebbe, ma a volte ho bisogno che sia lui a farmi sentire quanto sono importante. A tratti ci riesce meno, forse perché non ci si impegna abbastanza o non ha tempo per pensarci, stanco com'è (ne fa mille, pure lui). Ma quando azzecca la mossa giusta, che può essere una qualunque minima ma importantissima cosa (adoro i dettagli), he makes my day. Insomma... come si dice in italiano... (non credo ci sia un'espressione equivalente con "giorno"), mi fa sentire al settimo cielo, o una cosa del genere. E' bello che quando tutto il resto corre e tu cerchi di seguirlo come puoi, la persona che ti sta al fianco ti sappia rendere felice senza che tu lo chieda.

lunedì 9 novembre 2009

IL TEMPO VOLA: sintesi di un sogno

E’ proprio vero, time flies.


Il concerto è durato più di due ore, ma sono passate come una folata di vento autunnale, di quelle che passano giusto per dare una scossa alle foglie degli alberi e per far ballare quelle che già giacciono a terra.

Io ero una di quelle foglie: aspettavo l’inizio di quel sogno non tanto distante dal palco, consapevole del fatto che sarebbe stato il concerto più bello a cui avrei assistito.


Ho aspettato l’arrivo del mio ragazzo e di un nostro amico alla stazione, impaziente e infreddolita. Nonostante fossero usciti da lavoro alle sei, sono arrivati in tempo e

siamo riusciti ad entrare verso le 20 e 40.


Il gruppo spalla ha iniziato a suonare poco dopo e, tra il fatto che non vedevo l’ora che il “vero” concerto iniziasse, tra che quel gruppo non è che mi stesse piacendo molto, la mia prima ora all’Estragon sembrava non passare mai.


Poi, ad un tratto, parte una base che riconosco subito. Stavo parlando non ricordo con chi e mi sono interrotta, il mio respiro si è fermato, gli occhi rivolti verso il punto in cui sarebbero entrati i miei adorati porcospini.


La prima parte del concerto se n’è andata che neanche me ne sono resa conto, con solo un breve discorso di Steven dopo The blind house nel quale ci annunciava che avrebbero eseguito tutti e 55 i minuti a dritto. E’ stata una bella notizia, anche se già sapevo che l’avrebbero fatto.


Ho trattenuto a stento le lacrime su Kneel and disconnect, pezzo brevissimo ma intensissimo, di una dolcezza disarmante. Ma non ce l’ho fatta a trattenermi su I drive the hearse. Gli occhi incollati a Steven, non vedevo altro.


Dieci minuti di pausa, poi, con il timer che faceva il countdown sullo schermo. Sono rientrati spaccando il secondo e ci hanno regalato una seconda parte da brividi.


Non li avevo mai visti live, e perciò non potevo neanche immaginare che Anestethize dal vivo fosse così bella. Hanno eseguito la parte centrale ed è stato come essere trascinati in un vortice senza fine. Mi tremavano le gambe.


La mai gioia è triplicata poi, nel sentire anche Way out of here. Che pezzo, ragazzi. Mescola tristezza e rabbia in una maniera così naturale che se non sei preparato ti sconvolge, roba da restarci secchi. Ma Wilson ci sa fare, quando si tratta di mischiare i sentimenti e le emozioni, anche se antitetiche fra loro. Come la dolcezza strumentale di Remember me lover che si incolla alla perfezione a un testo così

cattivo e vendicativo. Non credevo che avrebbero fatto anche quella, e invece...


Un altro pezzo che mi ha entusiasmato è stato Buying new soul. Rotolante, sinuoso, ipnotico, le voci morbide di Wilson e Weasley ad accarezzare le nostre orecchie affamate.


Dulcis in fundo, The Sound of Muzak e, ovviamente, Trains. E proprio su Trains mi sono scoperta a piangere in silenzio, quasi involontariamente, lacrime bollenti come le mie mani che battevano a tempo con la chitarra di Steven.


Harrison superlativo, Edwin sempre con la sua espressione sorniona e soddisfatta che accompagnava i suoi movimenti, Barbieri concentratissimo, un Weasley come non me lo aspettavo (precisissimo con la voce, si è fatto pure un paio di ritornelli da solo), mentre Wilson... beh, sono di parte, lo so, ma è stato incredibile.


Che poi a un certo punto gli è preso il matto, roba da chiodi. Wilson che cantava

Trains, tranquillo, e gli altri che si tiravano addosso quelli che credo fossero cubetti di ghiaccio o roba simile. :)


Insomma... rissumento le mie impressioni, (che non sono state molto tecniche, come avrete capito.. )non so se sia stato meglio di come me lo aspettassi, so solo che il sogno di un concerto perfetto sarebbe stato così.