martedì 7 aprile 2015

Steven, Steven e ancora Steven.

Ormai ho perso il conto delle volte in cui l'ho visto live, tra Porcupine tree, Blackfield e da solista, e quello di martedì 31 marzo è stato probabilmente il suo miglior concerto che io abbia mai visto.
C'è poco da dire, perché rischierei di non essere esauriente e di non far trasparire quello che quei favolosi artisti su quel palco ci hanno fatto vivere.
Govan, Minnemann, Beggs e Holzman semplicemente hanno superato loro stessi.
Steven.. che gli vuoi dire a Steven? A parte che si è migliorato molto con l'esecuzione live dei soli di chitarra, che non disdegna un po' di basso e che canta sempre con una precisione millimetrica.. Posso solo dire che mi rapisce, sempre, ogni volta di più.
Lasse Hoile e Jess Cope coi loro video sullo sfondo non sono stati da meno, miniperle di cinematografia ad aiutare la musica nella narrazione di Hand.Cannot.Erase, il sublime ultimo capolavoro di Steven, nonché di vecchi brani dei Porcupine Tree o dei primi album solisti.
Insomma, chi quella sera era come me al Teatro Sistina a Roma sa di aver assistito a qualcosa che aveva dell'ultraterreno.
Secondo me Steven Wilson non è di questo mondo, oppure non è di questa epoca. E' stato probabilmente trapiantato qua dagli anni '70 da chissà che macchina del tempo. E forse gli è andata bene, perché negli anni '70 di musica ambiziosa e visionaria ce n'era parecchia, senz'altro avrebbe fatto più fatica a farsi il pubblico che si è costruito fino ad oggi.
Ancora una volta ho pianto, ho riso, mi sono entusiasmata e ho applaudito fino a farmi male alle mani.

Ancora una volta grazie, Steven.

See you soon, mate.


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