lunedì 9 novembre 2009

IL TEMPO VOLA: sintesi di un sogno

E’ proprio vero, time flies.


Il concerto è durato più di due ore, ma sono passate come una folata di vento autunnale, di quelle che passano giusto per dare una scossa alle foglie degli alberi e per far ballare quelle che già giacciono a terra.

Io ero una di quelle foglie: aspettavo l’inizio di quel sogno non tanto distante dal palco, consapevole del fatto che sarebbe stato il concerto più bello a cui avrei assistito.


Ho aspettato l’arrivo del mio ragazzo e di un nostro amico alla stazione, impaziente e infreddolita. Nonostante fossero usciti da lavoro alle sei, sono arrivati in tempo e

siamo riusciti ad entrare verso le 20 e 40.


Il gruppo spalla ha iniziato a suonare poco dopo e, tra il fatto che non vedevo l’ora che il “vero” concerto iniziasse, tra che quel gruppo non è che mi stesse piacendo molto, la mia prima ora all’Estragon sembrava non passare mai.


Poi, ad un tratto, parte una base che riconosco subito. Stavo parlando non ricordo con chi e mi sono interrotta, il mio respiro si è fermato, gli occhi rivolti verso il punto in cui sarebbero entrati i miei adorati porcospini.


La prima parte del concerto se n’è andata che neanche me ne sono resa conto, con solo un breve discorso di Steven dopo The blind house nel quale ci annunciava che avrebbero eseguito tutti e 55 i minuti a dritto. E’ stata una bella notizia, anche se già sapevo che l’avrebbero fatto.


Ho trattenuto a stento le lacrime su Kneel and disconnect, pezzo brevissimo ma intensissimo, di una dolcezza disarmante. Ma non ce l’ho fatta a trattenermi su I drive the hearse. Gli occhi incollati a Steven, non vedevo altro.


Dieci minuti di pausa, poi, con il timer che faceva il countdown sullo schermo. Sono rientrati spaccando il secondo e ci hanno regalato una seconda parte da brividi.


Non li avevo mai visti live, e perciò non potevo neanche immaginare che Anestethize dal vivo fosse così bella. Hanno eseguito la parte centrale ed è stato come essere trascinati in un vortice senza fine. Mi tremavano le gambe.


La mai gioia è triplicata poi, nel sentire anche Way out of here. Che pezzo, ragazzi. Mescola tristezza e rabbia in una maniera così naturale che se non sei preparato ti sconvolge, roba da restarci secchi. Ma Wilson ci sa fare, quando si tratta di mischiare i sentimenti e le emozioni, anche se antitetiche fra loro. Come la dolcezza strumentale di Remember me lover che si incolla alla perfezione a un testo così

cattivo e vendicativo. Non credevo che avrebbero fatto anche quella, e invece...


Un altro pezzo che mi ha entusiasmato è stato Buying new soul. Rotolante, sinuoso, ipnotico, le voci morbide di Wilson e Weasley ad accarezzare le nostre orecchie affamate.


Dulcis in fundo, The Sound of Muzak e, ovviamente, Trains. E proprio su Trains mi sono scoperta a piangere in silenzio, quasi involontariamente, lacrime bollenti come le mie mani che battevano a tempo con la chitarra di Steven.


Harrison superlativo, Edwin sempre con la sua espressione sorniona e soddisfatta che accompagnava i suoi movimenti, Barbieri concentratissimo, un Weasley come non me lo aspettavo (precisissimo con la voce, si è fatto pure un paio di ritornelli da solo), mentre Wilson... beh, sono di parte, lo so, ma è stato incredibile.


Che poi a un certo punto gli è preso il matto, roba da chiodi. Wilson che cantava

Trains, tranquillo, e gli altri che si tiravano addosso quelli che credo fossero cubetti di ghiaccio o roba simile. :)


Insomma... rissumento le mie impressioni, (che non sono state molto tecniche, come avrete capito.. )non so se sia stato meglio di come me lo aspettassi, so solo che il sogno di un concerto perfetto sarebbe stato così.



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